L’infelicità dell’uomo
è…l’identificazione
con il fuori di te
con ciò che non è tuo
con ciò che ti misura a forza.
L’infelicità dell’uomo
è proiettarsi nella dismisura
di quei parametri soliti
nell’individuare la pochezza
come paragone d’ampiezza
perchè ce l’hanno inculcato
come un’impronta dentro
senza riuscire invece a capire
il bluff e la sofferenza incisa
come un marchio…sei uomo.
Quel sei uomo non è piacevole
per ciò che ha protetto poi
per ciò che ha creato in tutti
quell’arresa all’infelicità
quell’abitudine ad essa
che pesa su ogni singolo
come macigno diventato monte.
L’infelicità dell’uomo
è non desiderare più
è non amare più
è non aprirsi più
è non guardare più
è non parlare più.
E’ un più…così evidente
che non accorgersi è il dramma
mentre rifugio diventano
quei giochi ancor più mesti
quando si piegano le volontà
asservite a mode ed usi
asservite a vizi ed abusi
asservite a fami e carceri
mentre l’infelicità diventa
la livella che ci unisce…
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