Il rosato dell’alba
pennella di tenue vedere
quella riflettente colorisita’
che i raggi ancor lontani
creano tra bianche nuvole
nell’intensita’ del cielo
che ne corrisponde sprazzi
nel grido di gabbiani
ancor lontani di presenza
dormienti ancora di sazieta’
come se risvegliarsi fosse ancora
quella coltre del non saperlo fare
dimenticando la fuga nei cieli
verso mete della liberta’.
Ad uno ad uno s’allargano
nelle ali aperte di vento
dentro quell’esser insieme
che il grido d’appartenenza unisce
quasi che quel riconoscersi
fosse la gioia d’esprimersi
attraverso grida quasi umane
d’esulto non di dolore.
Il rosato frammenta spazio
come se la bambagia bianca
venisse dipinta con maestria
nell’esser gusto d’attimo
d’un calmo giorno di te stesso
dove eclissa tutto l’ardore
d’esser spettatore d’amore
dove si placa tutto il divenire…